
Danni da umidità di risalita in condominio: di chi è la responsabilità?
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Cosa dice la legge riguardo i casi di umidità all’interno dei condomini
L’umidità di risalita non colpisce solamente le case singole o le villette in campagna. No, l’umidità di risalita si presenta molto spesso anche nei condomini, sia in quelli più datati che, talvolta, in quelli di recente costruzione. A farne le spese, solitamente, sono i garage, o meglio, gli inquilini che utilizzano i garage non solo per parcheggiare la propria automobile, ma magari anche per ammucchiare un po’ di scatoloni, contenenti libri, vestiti, e tanti altri oggetti. In questi casi, dunque, il danno causato dall’umidità ascendente raddoppia: non solo questa particolare infiltrazione sta danneggiando le pareti del condominio, ma sta aggredendo anche i beni degli inquilini. Ma di chi è la responsabilità, e dunque chi paga, quando si ha a che fare con l’umidità di risalita in un condominio?
L’umidità di risalita nasce nel sottosuolo: ma di chi è il sottosuolo?
Per capire chi deve farsi carico delle soluzioni per l’umidità di risalita e dell’eventuale risarcimento dei danni è necessario sapere quali sono i motivi che hanno portato al nascere dell’umidità ascendente. Essa può infatti essere dovuta o dalla mancanza totale di un sistema di isolamento delle pareti, dal danneggiamento o dall’inadeguatezza di tale sistema. Queste problematiche aprono di fatto la porta all’acqua la quale, dal terreno sottostante il condominio, risale capillarmente lungo le pareti dell’edificio, manifestandosi esplicitamente fino ad un metro o due metri di altezza. Di chi è la responsabilità? Di certo, essendo qualcosa che non ha nulla a che vedere con eventuali colpe dell’inquilino, il buon senso ci suggerisce già la risposta, ma come è noto questo non basta. Rifacendoci quindi alle normative nazionali correnti, è necessario partire dal fatto che il problema nasce dal sottosuolo, il quale «è costituito dallo spazio sottostante il suolo ed esistente in profondità; esso, ancorché non espressamente menzionato dall’art. 1117 c.c., va considerato di proprietà comune in mancanza di un titolo, che ne attribuisca la proprietà esclusiva ad uno dei condomini, avuto riguardo alla funzione di sostegno che contribuisce a svolgere per la stabilità del fabbricato» (cfr. Cass. 15 febbraio 2008, n. 3854).
La responsabilità è del custode dei beni, ovvero del condominio stesso
Insomma, il sottosuolo, dove nasce il problema dell’umidità di risalita, non appartiene al singolo inquilino, no, è parte comune del condominio. E, come ci insegna il codice civile, il custode delle parti comuni condominiale non è altri che il condominio stesso. Gli inquilini danneggiati dall’umidità di risalita, dunque, non devono fare altro che dimostrare il danno, che è di responsabilità del custode, fatto eccezione il caso in cui « l’evento sia imputabile ad un caso fortuito riconducibile al profilo causale e cioè quando si sia in presenza di un fattore esterno che, interferendo nella situazione in atto, abbia di per sé prodotto l’evento, assumendo il carattere del c.d. fortuito autonomo, ovvero quando si versi nei casi in cui la cosa sia stata resa fattore eziologico dell’evento dannoso da un elemento o fatto estraneo del tutto eccezionale (c.d. fortuito incidentale), e per ciò stesso imprevedibile» (cfr. Cass. 20 maggio 2009 n. 11695).
L’ipotesi dei gravi difetti imputabili al costruttore
I danni conseguenti e i costi per eliminare l’umidità di risalita, dunque, devono essere risarciti dal custode dei beni danneggiati, ovvero dallo stesso condominio. Il proprietario dello stabile, o il suo amministratore, può eventualmente rifarsi sul costruttore, nel caso ce ne siano le condizioni. Nell’ottobre del 2014, infatti, il Tribunale di Monza ha dichiarato che, nel caso in cui l’umidità di risalita sia riconoscibile come un grave difetto dell’edificio e denunciata entro la decennale garanzia del costruttore, la responsabilità debba essere considerata di quest’ultimo. È peraltro da sottolineare che, come viene spiegato nell’articolo 1669 del Codice Civile, l’azione per gravi difetti può essere mossa sia dal committente dell’opera sia da chi, nel frattempo, ne è divenuto proprietario.
