
Umidità di risalita e muffa nelle case di affitto: chi paga?
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Quasi il 20% delle famiglie italiane vive in case in affitto, e in molti casi tra gli inquilini e i proprietari dell’immobile nascono delle incomprensioni e delle liti legate a dei difetti o a dei malfunzionamenti nell’appartamento o nell’immobile affittato.
Una lavatrice che si rompe, le tubature che fanno rumore, muri umidi, la caldaia che non riesce a scaldare l’acqua per tutti gli inquilini, gli infissi che non si chiudono bene… i problemi, se non si tratta di case nuove e realizzate a regola d’arte, possono essere davvero molti. Tra questi ci sono senz’altro anche quelli causati dall’umidità di risalita o dalle infiltrazioni, che possono andare a compromettere gli intonaci e a formare minacciose muffe antiestetiche e assolutamente poco salutari. Ma in caso di muffa e delle altre manifestazioni tipiche dell’umidità eccessiva in una casa d’affitto, come ci si deve comportare?
Insomma, chi paga per apportare i necessari rimedi all’umidità di risalita e per l’eliminazione della muffa?
Gli impegni di locatore e locatario
Davanti alla muffa e alle manifestazioni dell’umidità di risalita nelle case in affitto non mancano mai problemi e scontri tra il conduttore (inquilino o locatario) ed il locatore (il proprietario della casa).
Eppure, in realtà, la legge parla piuttosto chiaro. Da una parte, infatti, il locatore è obbligato a consegnare al conduttore un ambiente in buone condizioni, ben mantenuto e tale da servire all’uso convenuto per tutta la durata contrattuale.
Insomma, il locatore non può consegnare – consapevolmente – all’inquilino una casa con evidenti problemi di umidità di risalita. La candeggina non basterà. Dall’altra parte, però, il locatario si impegna a mantenere l’immobile in buone condizioni.
La risoluzione del contratto in caso di problemi manifesti di muffa e umidità di risalita
Ma cosa succede nel caso in cui l’effettiva vivibilità della casa risulti compromessa da muffe o dall’umidità ascendente capillare? Ebbene, le possibilità sono tante.
Il conduttore potrebbe per esempio richiedere la risoluzione del contratto di locazione adducendo degli inadempimenti da parte del proprietario, oppure, se non intende rinunciare all’appartamento, può richiedere eventualmente una riduzione del canone pattuito. In nessun caso, però, l’inquilino può pretendere il risanamento dell’immobile, né tanto meno eseguire in proprio il lavoro senza l’esplicito permesso del locatore.
Esiste anche la possibilità, per l’inquilino, di richiedere il risarcimento dei danni subiti a causa dell’umidità ad suppellettili o a mobili.
Come recita l’articolo 1578 del Codice Civile, infatti, «il locatore è tenuto a risarcire al conduttore i danni derivati da vizi della cosa, se non prova di avere senza colpa ignorato i vizi stessi al momento della consegna». Ma attenzione: tutto questo dipende dai fattori che hanno effettivamente portato alla formazione della muffa. Dalla valutazione di questi, infatti, si può capire di chi è effettivamente la responsabilità..
Di chi è la responsabilità?
La legge spiega in modo lampante che gli inquilini hanno diritto ad un alloggio esente da difetti, soprattutto nel caso in cui questi risultino dannosi per la salute, come sono le muffe.
In caso di umidità di risalita ci sono pochi dubbi: non può essere certo colpa di un inquilino se le pareti non sono state isolate correttamente.
Non è però sempre così facile. Qualora infatti un perito appurasse che l’umidità in casa è causata da uno scarso arieggiamento dei locali o da altri comportamenti errati da parte dell’inquilino (per esempio frequenti docce senza ricambio dell’aria) nessuna responsabilità e quindi nessun risarcimento potrà ovviamente essere richiesto al locatore.
